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Appuntamenti

 

 

 

 

Piero Bianucci
I miei appuntamenti
Ferrarotti
16.02.2022

EINSTEIN PACIFISTA

 

Torino, ore 15 incontro
con gli studenti dei licei
"Einstein" e "Spinelli"
Via Pacini 28

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La cooperazione internazionale, il federalismo e la pace furono per Albert Einstein interessi importanti per tutta la sua vita. Se ne parla prendendo spunto dal libro "Albert Einstein. Dal pacifismo all'idea del governo mondiale" a cura di Lucio Levi, 2021,.Rubettino Editore.

Partecipano:

Carlo Giulio Anta, storico del pensiero politico

Pero Bianucci

Mario Capanna, già parlamentare europeo

Lucio Levi, Direttore della rivista "The Federalist Debate"

Introduce Marco Chiauzza, dirigente Liceo Einstein

Presiede Fulvio Gambotto, Direttore Centro instein di Studi Internazionali

 

Dall'articolo 

Crisi Ucraina. Torniamo all’Einstein pacifista

che ho pubblicato su "La Stampa" (lastampa.it) il 24 gennaio scorso

 
Segnali funesti arrivano dal confine Russia-Ucraina: Mosca vi ammassate truppe e carri armati, le ambasciate occidentali fanno le valigie a Kiev, gli Stati Uniti hanno inviato un aereo carico di armi. Putin è una sfinge di pietra, Biden un duro friabile, l’Unione Europea pare incerta, le Nazioni Unite sono assenti, come quando nel 2014 Putin si prese la Crimea. Intanto il pianeta Terra il 19 gennaio ha raggiunto gli otto miliardi di abitanti (secondo Neodemos, un po’ meno – 7 miliardi 923 milioni – per Worldometer) e infuria la pandemia nella variante Omicron.
L’orologio del giudizio universale
Il Doomsday Clock (“l’orologio del giudizio universale”) della Federation of atomic scientists ogni anno dal 1947 segna quanto tempo rimane prima della “mezzanotte” che precede il giorno del giudizio. Il 20 gennaio lo Science and security board, il gruppo internazionale di 20 esperti incaricato di muovere le lancette dell’orologio, ha annunciato di dover mantenere la distanza dalla catastrofe globale a soli 100 secondi, come gli scorsi due anni, la peggior situazione di sempre.
In armi il 2,2% del Pil mondiale
E’ il momento giusto per leggere “Albert Einstein dal pacifismo all’idea del governo mondiale” (Rubettino, 220 pagine, 22 euro), raccolta di saggi a cura di Lucio Levi, già professore di scienza politica all’Università di Torino e presidente del Movimento federalista europeo. Nella prefazione Giampietro Bordino, presidente del Centro Einstein di Studi Internazionali, cita alcuni dati-chiave: la spesa militare complessiva si aggira sui 1900 miliardi di dollari, più del 2,2 per cento del Pil mondiale; nove potenze nucleari custodiscono nei loro arsenali quattordicimila testate atomiche; di queste, 3750 sono dispiegate e operative, quasi tutte degli Stati Uniti e della Russia. Numeri tanto più preoccupanti da quando nel febbraio 2019 Trump annunciò la sospensione unilaterale degli accordi Reagan-Gorbaciov del 1987 che di fatto misero fine alla guerra fredda proibendo i missili nucleari terrestri di gittata tra i 500 e i 5500 chilometri.
Sono nato un anno prima delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, ho ancora visto le macerie dei bombardamenti e le tessere del pane. Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi non sono mancati conflitti sanguinosi, ma l’Europa ha goduto il più lungo periodo di pace della sua storia millenaria e chi ha meno di 75 anni difficilmente se ne rende conto. La personalità di Einstein è drammaticamente centrale sia nella realizzazione della bomba sia nel tentativo di pacificare il pianeta, proprio a cominciare dall’Europa. Riflettere sul suo ruolo in apparenza ambivalente è quanto mai opportuno.
La lettera a Roosevelt
E’ notissima la lettera che Albert Einstein e Leo Szilard nell’agosto 1939 scrissero al presidente americano Franklin Delano Roosevelt per suggerirgli la costruzione dell’arma atomica nel timore che potesse svilupparla Hitler. Ne derivò il Progetto Manhattan diretto a Los Alamos da Robert Oppenheimer e portato a termine con il contributo determinante di Enrico Fermi. L’iniziativa e il testo della lettera si devono in gran parte all’ungherese Szilard, che aveva consultato i colleghi e connazionali Edward Teller e Eugene Wigner. Teller rimarrà un falco per il resto della vita, si batterà per realizzare anche la Bomba H e poi per le “guerre stellari” care al presidente Reagan. Wigner non sconfessò mai il Progetto Manhattan ma più per lealtà verso il popolo americano che lo aveva accolto che per convinzione morale e politica.
Tragica parentesi
Diverso è il discorso per Einstein. Nella sua vita la bomba atomica fu una tragica parentesi tra due militanze pacifiste. Esordì da pacifista radicale nel 1914 battendosi per il disarmo generalizzato e firmando il “Manifesto agli Europei”, un appello contro il nazionalismo che stava per incendiare il vecchio continente. Negli anni del nazismo interpretò quello che Pietro Greco, autorevole giornalista scientifico prematuramente scomparso alla fine del 2020, definisce “pacifismo auto-sospeso”. Nel secondo dopo-guerra si diede essenzialmente l’obiettivo del disarmo nucleare.
La fissione dell’uranio 235
Un punto cruciale è ovviamente se la preoccupazione per l’atomica nazista fosse giustificata. Con il senno di poi sappiamo che non lo era. Sappiamo anche che Einstein ancora nel marzo 1939 metteva in dubbio che si potesse realizzare un ordigno nucleare. Tuttavia la fissione dell’atomo era nozione diffusa tra i fisici nucleari dopo i lavori di Fermi, Lise Meitner, Otto Frisch e Niels Bohr, che aveva individuato nell’isotopo 235 la fonte della fissione dell’uranio da neutroni lenti, come ha documentato Abraham Pais nelle sue accurate biografie di Einstein e di Bohr.
Che cosa diceva Albert nel 1946
Di fronte alla crisi ucraina di questi giorni, mi ha colpito rileggere un articolo dell’”Europeo” datato 14 luglio 1946 che non ricordavo di avere nel mio archivio di ritagli e che non è riportato nel libro a cura di Lucio Levi. Einstein lo scrisse per l’agenzia di stampa Reuter all’indomani della quarta bomba atomica, fatta esplodere dagli Stati Uniti sull’atollo di Bikini, che dal 1946 al 1958 subì 23 test nucleari. “Spesso – scriveva Einstein – nell’evoluzione una specie ha dovuto adattarsi a nuove condizioni per sopravvivere. Oggi la bomba atomica ha alterato profondamente la natura del mondo come noi l’abbiamo conosciuto (…) Alla luce delle nuove cognizioni, un’autorità mondiale e, alla fine, uno Stato mondiale, non sono semplicemente desiderabili in nome della fratellanza: essi sono necessari per la sopravvivenza. (…) La guerra moderna, la bomba atomica (nonché altre scoperte o invenzioni) ci presentano circostanze addirittura rivoluzionarie. Prima non è mai stato possibile ad una nazione di muover guerra a un’altra senza mandare eserciti attraverso le frontiere. Ora, con i proiettili razzo e con le bombe atomiche, nessun centro popolato sulla superficie della terra e al sicuro da una improvvisa distruzione in un solo attacco.”
Irragionevoli “menti militari”, diffidenza USA-URSS
Einstein prosegue riportando le irragionevoli idee difensive escogitate dalle “menti militari”: “vivere nel sottosuolo”, “creare fabbriche in caverne”, “sparpagliare i nostri centri abitati trasformandoli in città lineari o a nastro”. Parla poi della reciproca diffidenza tra Russia e America e si domanda: “Non dico che dovremmo ora rivelare al mondo il segreto della bomba atomica, ma stiamo noi cercando ardentemente un mondo in cui non vi sarà alcun bisogno di bombe o di segreti, un mondo in cui la scienza e gli uomini saranno liberi?”.
Alibi debole
Segue una annotazione che può anche suonare come un debole alibi: “Prima dell’incursione su Hiroshima, i principali fisici chiesero insistentemente al Dipartimento di Stato americano di non usare la bomba atomica contro inermi, donne e bambini. La guerra avrebbe potuto essere vinta senza di essa. E tuttavia la decisione fu presa, in considerazione delle probabili perdite future di vite americane, ma ora dobbiamo considerare la probabile perdita – nei futuri bombardamenti atomici – di milioni di vite. Può darsi che la decisione americana sia stata un errore fatale, poiché gli uomini si abituano a pensare che un’arma usata una volta possa essere nuovamente impiegata.”
La formula più famosa
All’origine dell’arma nucleare c’è una formula che conoscono persino i fabbricanti di T-shirt: e=mc2, energia uguale massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce. Nel 1905 Einstein concepì la luce come una costante assoluta assumendone la velocità come la massima possibile in natura. Muovendo da questa idea, sgombrò il campo dallo pseudoconcetto di etere, mise su nuove basi l’elettrodinamica e derivò l’equivalenza di massa e energia: era la Relatività Speciale.
Appuntamento al Liceo “Einstein”
Segnalo questi libri perché la luce è “il filo rosso della fisica moderna”, a partire dal concetto di “quanto” introdotto da Planck nel 1900, ma nessuno dei due libri – sospetto deliberatamente – tratta l’applicazione bellica dell’equivalenza massa/energia. La formula di Einstein è un grandioso risultato scientifico che l’arma nucleare rischia di distorcere. La crisi ucraina suggerisce di riscoprire l’Einstein che si poneva la questione del governo mondiale nell’epoca senza precedenti dell’arma assoluta. Se ne discuterà il 16 febbraio pomeriggio al Liceo Einstein di Torino (Via Giovanni Pacini 28) prendendo spunto dalla raccolta di saggi curata da Lucio Levi. Con Giampiero Bordino e il direttore del Centro Einstein di Studi Internazionali Fulvio Gambotto, interverranno Lucio Levi, Mario Capanna (in collegamento) e lo studioso del pensiero politico Claudio Giulio Anta.
 

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