Piero Bianucci

Esempio di “scrivere articoli”

 

La metafora del parassita (30 gennaio 2012)

 

L’evasore fiscale è un parassita, martella da mesi uno spot televisivo con immagini ripugnanti di zecche e vermi solitari. Paragone corretto ed efficace?
Efficace no: fa leva sull’insulto anziché sul ragionamento. Meglio, piuttosto, i blitz a Cortina e nella Milano da bere. Corretto? Neppure, se stiamo a quanto spiega la biologa Claudia Burdese in Vivere a spese degli altri. Elogio del parassitismo (Blu Edizioni).

Sì, elogio. Perché è vero che i parassiti colpiscono due miliardi di persone l’anno e ne uccidono un milione e mezzo, ma dal punto di vista biologico sono un meccanismo perfetto inventato dall’evoluzione. Parassiti e ospiti si sono evoluti insieme e, biologicamente parlando, i vantaggi superano largamente i danni. Ma attenzione: il bilancio è in attivo perché il parassitismo si attua tra specie diverse. In altre parole, la zecca non ha zecche, il verme solitario non ha vermi solitari.
Dal punto di vista scientifico, dunque, la metafora anti-evasore è sbagliata: l’evasore fiscale appartiene alla stessa specie del cittadino danneggiato. L’evasione non è parassitismo ma menzogna, truffa e furto.
Invece è interessante applicare la metafora del parassitismo al rapporto tra finanza e produzione industriale un po’ come se fossero due specie biologiche diverse. In effetti finanza e industria si sono evolute insieme, l’una ha bisogno dell’altra, entrambe traggono vantaggio dalla buona salute della controparte. Il guaio è che oggi l’equilibrio si è rotto. Come fa notare il fisico Carlo Bernardini nel suo editoriale sull’ultimo numero di “Sapere”, il commercio di denaro, cioè la finanza, ha superato il commercio di ogni altro possibile bene materiale “con inevitabili fluttuazioni critiche per la stabilità delle strutture sociali di ogni paese evoluto”. Il discorso non è completo se non si aggiunge che il denaro di cui si fa commercio è in gran parte virtuale in quanto passa attraverso un numero immenso di velocissime transazioni su Internet per un giro che ormai si misura in milioni di miliardi. In questo modo, la finanza diventa un parassita stupido, perché alla lunga (ma non troppo) ucciderà la specie parassitata, cioè la produzione di beni reali (l’industria) e il potere di acquisto di questi beni.
Per dare un’idea dello squilibrio basta un dato: circolano più soldi in 4 giorni sui mercati finanziari che in un anno nell’economia reale (in cifre: ogni giorno si scambiano valute per quattromila miliardi di dollari mentre il commercio attraverso le frontiere, cioè lo scambio di beni, è di 15 mila miliardi di dollari l’anno). E  questa vertiginosa circolazione avviene perché Internet permette agli speculatori di comprare e vendere gli stessi titoli in millesimi di secondo per centinaia di volte al giorno, magari aiutati da algoritmi elaborati con l’aiuto della teoria della complessità. Tutto ciò in assenza di qualsiasi tassa e tracciabilità sul vortice delle transazioni finanziarie virtuali.
Sarkozy ha detto che nella prossima estate introdurrà in Francia la Tobin Tax, cioè una tassa sulle transazioni finanziarie. Strano annuncio, con tanto anticipo, tanto più che non sa se verrà rieletto. Sarkozy promette la Tobin Tax agli elettori  ma è come se dicesse ai mercati finanziari che non manterrà la promessa. Colpisce anche l’entità: 0,1 per cento, dice Sarkozy. Sembra poco, ma è il doppio di quanto prevedeva un disegno di legge di iniziativa popolare presentato al parlamento italiano con 180 mila firme e prontamente lasciato decadere dal governo Berlusconi.
James Tobin, economista nato nel 1918, premiato con il Nobel nel 1981 e morto nel 2002, propose la tassa che porta il suo nome nei lontani Anni 70 per aiutare i paesi poveri. All’epoca Internet era di là da venire. La Rete ha cambiato tutto, economia inclusa. Una tassa anche minima ma reale diventerebbe sensibile soltanto su un gran numero di velocissimi scambi virtuali fatti a scopo speculativo.
La tracciabilità della speculazione non dovrebbe preoccupare gli onesti: la Tobin Tax corrisponde allo scontrino che giustamente pretendiamo dal bar. Ne guadagnerebbe, in compenso, l’industria, perché l’economia reale potrebbe contare su una stabilità monetaria che oggi non esiste. E ne guadagnerebbero i comuni cittadini, che non smanettano nell’immenso casinò di Internet. Non ultimi, ne guadagnerebbero i pensionati, perché i loro fondi pensione non sarebbero più esposti alla speculazione di pochi spregiudicati. Evitato il crollo delle pensioni con la riforma Fornero, bisogna proteggerne il futuro anche dal tarlo della finanza. Per tornare ai parassiti, Claudia Burdese, benché biologa, dedica un capitolo del suo libro proprio agli evasori fiscali. Ora potrebbe allargare lo sguardo alla finanza globale.